Da molto tempo, ho appreso
che posso curare le mie ferite
solo quando ho il coraggio di affrontarle.
- Paulo Coehlo

La Psicoterapia a Orientamento Psicoanalitico

La teoria psicoanalitica ha posto le basi per un’idea di lavoro terapeutico che riguarda il trattamento dei disagi psichici. È Sigmund Freud a scoprire che la parola è l’unica maniera per poter arrivare alle forme di sofferenza psichica.

Freud apre a questa via inedita il cui principio è quello di una cura attraverso l’ascolto e la parola all’interno di una relazione particolare tra l’analista e il paziente. È questo il fondamento della psicoanalisi che, non a caso, una delle prime pazienti di Freud aveva battezzato talking cure (“cura parlata”).

È, dunque, a partire dalla scoperta pioneristica freudiana che, nel corso del secolo scorso, iniziano a nascere gli ormai innumerevoli e differenti approcci psicoterapici. Ciò che fonda il lavoro analitico è il riconoscimento della soggettività di ognuno, della particolarità e singolarità che contraddistingue ogni soggetto.

La cura analitica non sostiene un’etica dell’adattamento psicologico alla normalità come altre forme di psicoterapia; questo perché il principio su cui edifica la sua etica è il desiderio. La terapia analitica non è un corso di rassegnazione, di normalizzazione, di mero ripristino di uno stato precedente all’insorgenza del problema, ma un’occasione per ridefinire i rapporti con il proprio desiderio.

La psicoanalisi è una dottrina etica finalizzata non a integrare conformisticamente il desiderio nel discorso universale della Civiltà, ma a renderlo soggettivamente produttivo.

Questo tipo di lavoro permette di sviluppare nel tempo un nuovo modo di guardare se stessi, maggiore consapevolezza, la possibilità di un distacco da quelle modalità di affrontare la vita che arrivano a portare sofferenza e malessere al soggetto.

Domande e risposte sulla psicoterapia psicoanalitica

COSA AVVIENE IN UN’ANALISI?

All’interno di un’analisi si parla. Nello specifico, è il paziente che parla mentre l’analista ascolta in silenzio. Questo perché al centro c’è la valorizzazione della parola del paziente e tale valorizzazione può avvenire solamente a partire da una condizione specifica, quella dell’ascolto.

L’ascolto si configura già come una risposta; l’unica che abbia la potenzialità di mettere un soggetto in condizione di ascoltarsi, di intendere la propria parola.

A volte l’analista interviene attraverso domande, sottolineature del discorso, interpretazioni, ma il suo atteggiamento di fondo è, per lo più, di ascolto in quanto egli, in generale, non è chiamato a intervenire attivamente nella cura, né con il giudizio, né con il consiglio, né attraverso altre forme direttive.

PERCHÉ PROPRIO LA PAROLA?

La parola ha ormai un valore terapeutico appurato. Uno psicoanalista francese geniale, Jacques Lacan, sosteneva che l’inconscio è fatto di linguaggio, di parola. È un discorso che costituisce il nostro modo di essere in quanto esso affonda le sue radici nella nostra storia individuale e condiziona in maniera essenziale il modo con cui ci rivolgiamo agli altri e al mondo.

Dunque, parlando mettiamo in forma pensieri e sensazioni non ben articolati, scopriamo il nostro inconscio, la nostra verità più intima che, molto spesso, si rivela come straniera persino a noi stessi.

PERCHÉ CI VUOLE UNO SPECIALISTA? NON CE LA SI POTREBBE FARE DA SOLI O PARLANDO CON UN AMICO?

L’efficacia terapeutica della psicoanalisi si produce a partire dal lavoro di parola che assume un senso solo all’interno di una relazione che è a sua volta terapeutica, acquisisce senso se c’è qualcuno che ascolta, ovvero un destinatario in carne e ossa del messaggio. Ma parlare all’interno dell’esperienza dell’analisi non è come parlare ad un amico.

Da un amico ci attendiamo comprensione, incoraggiamento, è presente una componente affettiva di altro tipo. Mentre una psicoterapia la si fa per capire cosa non va e perché, e a questa verità si arriva gradualmente, da soli, senza il “consiglio”. Un bravo psicologo non si prodiga spesso nell’elargire consigli, sa che la persona deve arrivarci da sé. Il maestro francese Jacques Lacan si raccomandava sempre di guidare la cura non i pazienti.

Il terapeuta non dirige la vita, non dice cosa fare e come farlo. Aiuta semplicemente a riprendere un contatto con la parte più profonda di se stessi, smarrita nel corso degli anni per diversi motivi.

Se il rapporto terapeutico si appiattisce su uno scambio verbale fatto di consigli e ammonimenti esso finisce col perdere tutte le potenzialità trasformative. Divenire se stessi, scoprirsi, evolversi, crescere viene impedito da una relazione in cui c’è qualcuno che si suppone detenere la verità e qualcun altro che si ritiene invece essere del tutto deficitario, da aggiustare, indirizzare o placare.

Solo se il soggetto parla senza incontrare risposte direttive può abbordare la questione di cosa desidera veramente, al di là dell’identificazione alienante all’Altro.

COSA ASPETTARSI DA UN TRATTAMENTO PSICOTERAPEUTICO?

Alla base di una richiesta di aiuto, per lo più, c’è uno stato di sofferenza la quale, in psicoterapia, non può venir trattata d’urgenza come una ferita aperta da chiudere nel più breve tempo possibile.

L’ascolto offre nell’immediato un sollievo, tuttavia non esistono punti di sutura “psichici” immediati da posizionare rapidamente che chiudano la ferita ma la ferita può essere messa a lavoro.

Sarà importante, dunque, concedersi del tempo, tollerare di non poter risolvere tutto subito; la fretta e l’urgenza non aiutano il processo ma, al massimo, lo rallentano.

Il lavoro, con il tempo, porterà ad un accrescimento della conoscenza di se stessi, delle dinamiche che muovono la propria vita al di là della consapevolezza, mirando ad una presa di coscienza lucida rispetto ai propri meccanismi autosabotanti, generalmente invisibili perché cuciti addosso come una seconda pelle.

QUAL È LA FREQUENZA OTTIMALE DELLE SEDUTE?

Il lavoro funziona se c’è una regolarità e una non eccessiva distanza fra un incontro e l’altro. Una volta alla settimana è sufficiente per iniziare un lavoro di psicoterapia.

PER QUANTO TEMPO?

I tempi non sono prevedibili a priori. Lo spazio terapeutico è usato in modo personale, più o meno creativo, e il ritmo di marcia è dettato dall’andatura di chi deve compiere il cammino. Nei primi mesi già è possibile avere degli effetti terapeutici ma ci sono anche casi in cui si ha bisogno di più tempo. Accade anche che, pur stando di nuovo bene, si voglia proseguire il lavoro per la nascita di nuove esigenze. Non esiste uno standard.

QUANTO COSTA?

Il costo del primo incontro conoscitivo è di 60 eur. Modalità e termini economici per gli incontri seguenti saranno comunicati dopo il primo incontro.

La mia idea e quella dei miei maestri è che la psicoanalisi debba essere fruibile da tutti.

PERCHÉ LO PSICOLOGO GRATIS NON FUNZIONA?

Una consulenza psicologica, sia essa un primo colloquio diagnostico o una seduta di psicoterapia o di psicoanalisi, è soggetta a pagamento, al pari di tutte le altre prestazioni professionali. In un’economia di scambio ogni attività lavorativa - qualunque essa sia - produce un certo valore misurato in termini di danaro. Ma la motivazione non deriva esclusivamente da fattori di ordine economico. Ci sono implicazioni che interessano un livello più profondo che riguarda la valenza simbolica che il danaro detiene.

Il fatto che chi si rivolge allo psicologo paghi una certa somma di danaro contribuisce ad indirizzare in modo corretto il lavoro che seguirà. Chi domanda è colui che sta chiedendo aiuto e la gratuità potrebbe portare ad un pericoloso ribaltamento della domanda mettendo il terapeuta nella condizione di chiedere all’utente se vuole essere aiutato e il paziente in una posizione passiva, preso in un’erronea aspettativa che tutto il lavoro debba venire dall’altro. Un cambiamento, invece, può avvenire solo se c’è una vera disponibilità a farsi aiutare.

Inoltre, il pagamento delle sedute comporta una loro valorizzazione, il riconoscimento che il percorso intrapreso è prezioso. Come tutto ciò che davvero conta comporta un investimento, una quota di perdita, di fatica. In caso contrario, la professionalità e l’aiuto specialistico del terapeuta sarebbero ridotti al rango di chiacchierate amichevoli, svuotandosi, in questo modo, di senso. Il pagamento, infatti, svincola il rapporto dall’equivoco di un’amicizia gratuita, connotando l’ascolto come scevro dal rispecchiamento reciproco che connota i legami fra pari, mai del tutto liberi da condizionamenti e tabù. Ciò non significa che non intervengano in rapporto al terapeuta dei fattori di natura affettiva ma tale relazione si caratterizza diversamente in quanto non c’è reciprocità, il terapeuta non racconta nulla di se stesso, è lì in quel momento come strumento a disposizione dell’altro.

Dunque, la formula dello psicologo gratis non è di alcuna efficacia terapeutica e non giova neanche alla categoria professionale degli specialisti in psicoterapia, nella misura in cui svilisce la loro lunga e profonda formazione, ben lontana dall’esercizio di una semplice empatia.

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