Ansia e Angoscia

I disturbi d’ansia rientrano tra i disagi psichici più diffusi nel nostro tempo.

Per ansia intendiamo il processo psichico attraverso il quale l’individuo reagisce a stimoli esterni di pericolo, attivando risposte che coinvolgono sia il soma che la psiche.

L’ansia è, dunque, un’attivazione del corpo che avrebbe la funzione di segnalare un pericolo. A questo segnale seguiranno delle reazioni che potranno manifestarsi attraverso diverse possibili modalità comportamentali, come, ad esempio, la fuga, l’attacco, o altri tipi di passaggio all’atto o di inibizione dell’azione.

L’ansia diventa problematica quando non è funzionale al superamento di un ostacolo.

Per intenderci, pensiamo - al contrario - all’ansia prima di un esame che può essere utile al fine del suo buon esito. Quando, invece, l’attivazione delle funzioni psicofisiche risulta sproporzionata rispetto allo stimolo e determina una riduzione delle capacità operative dell’individuo – per esempio, si rinuncia a sostenere l’esame – può effettivamente diventare qualcosa di più difficile da gestire per il soggetto in quanto ciò che si avverte è una perdita di controllo delle proprie emozioni.

Si sperimenta sofferenza e disagio perché ci si percepisce incapaci di affrontare situazioni nuove o impreviste; si avvertono sentimenti di agitazione, nervosismo, insicurezza e impotenza, o di preoccupazione generica costante. Tali affetti possono essere legati a specifiche situazioni, ad esempio quelle di valutazione di una performance.

L’ansia è spesso collegata a circostanze in cui siamo confrontati con le aspettative altrui che o non siamo in grado di inquadrare e quindi ci sfuggono oppure sono troppo chiare e pressanti. Queste situazioni sono vissute come potenzialmente pericolose in quanto ci possono far sentire scoperti, impotenti, schiacciati, non più padroni del nostro corpo. Il cuore batte forte, ci manca l’aria, ci irrigidiamo.

In questo caso, quindi, l’ansia si configura come difesa ultima verso un certo pericolo che riguarda un interrogativo enigmatico, “Cosa vuole l’Altro da me?”. L’enigma del desiderio dell’Altro può essere fonte di grande angoscia perché avvicina il soggetto a qualcosa di incontrollabile e ingovernabile in quanto dipende dalla sensazione di farsi oggetto per l’Altro, di sentirsi ridotto ad oggetto dell’Altro.

Altre circostanze in cui è possibile sperimentare episodi di ansia possono essere legate a momenti di separazione o anche di estrema prossimità con qualcosa che può creare disagio consciamente o inconsciamente. Infatti, capita che il soggetto non sappia chiarire bene i contorni di questo vissuto che si può configurare come molto fumoso e confuso, poco definito e definibile.

Inoltre, si deve anche distinguere l’ansia dall’esperienza dell’angoscia.

L’angoscia si definisce come uno stato di malessere che attanaglia quando ci si sente minacciati nell’esistenza senza riuscire a comprenderne le cause o senza essere capaci di porvi rimedio. Si configura come un affetto pervasivo e molto intenso di impotenza, un senso di oppressione che genera ansia, agitazione e affanno. Quando parliamo di angoscia, ci troviamo di fronte a qualcosa che coinvolge il soggetto nelle profondità del proprio essere, una sorta di turbamento che nasce dall’interrogazione su sé stessi e sulla propria esistenza.

Per concludere, l’unica maniera per fare davvero i conti con le dimensioni dell’ansia e dell’angoscia è attraversarle. Queste – se attraversate – si trasformano nella via che permette al soggetto di trovare il suo fondamento desiderante, il suo fondamento d’essere - o, dovremmo dire, di non-essere.

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